Luciano Battisti

“Sono nato a settembre del 1944.
Pesaro era distrutta e occorreva darsi da fare per sbarcare il lunario. Abitavamo in Via delle Stalle (oggi Via Niccolò Pellipario), in un caseggiato che dividevamo con i parenti di mio padre. Si viveva con grande dignità e spirito di collaborazione reciproca.
Al piano terra mio padre riparava le sue moto. Nell’aria c’era il profumo dell’olio di ricino bruciato che si usa per lubrificare i motori.
Mio padre mi metteva a sedere sul serbatoio e mi faceva fare il giro attorno a casa, allora nessuno faceva caso al rumore.
Da piccolo alle 2 del pomeriggio aspettavo che Rosati, il macellaio nostro vicino di casa, accendesse la sua moto, una Parilla 250 monoalbero, per andare al Motoclub. Aveva lo scarico a megafono tipo quello della Norton e il suo rumore per me era musica.
I bambini sono come carta assorbente: vivevo e sognavo a occhi aperti, mi immedesimavo in mio padre e volevo diventare come lui.
Dopo questa premessa sui miei ricordi, voglio raccontare la storia di una vita vissuta con grande passione e amore per tutto quello che la vita stessa mi ha riservato, nel bene e nel male.
Si dice che il destino sia segnato. Io, invece, direi che sia tracciato: noi possiamo seguire queste tracce e creare così i presupposti per vivere.
Il “motore” di tutto questo, a mio avviso, sono i sogni.
Quante volte abbiamo sentito dire “Ho coronato il sogno di quando ero bambino”? Quando si è bambini si ha il diritto di sognare a occhi aperti. Se poi la vita ti porterà verso altri obiettivi, inconsciamente ti ritroverai ad andare nella direzione di quando sognavi. Sicuramente non sarà un percorso così automatico, ma le circostanze ti porteranno a sfiorare certe situazioni sognate.
Quante volte di notte, a causa dei problemi di tutti i giorni, non si riesce a dormire? La ricetta per risolvere tutto questo è sognare, rivolgere il pensiero alle cose che ami e che hai sognato da ragazzo.
Si deve continuare a sognare, sempre: i sogni che si avverano sono le cose belle della vita.
Una cosa che non mi è mai mancata, nemmeno nei tanti momenti bui, è la fede. Ti aiuta molto a reagire, a sentire l’affetto di chi ti sta accanto e a credere nei valori della vita con dignità e rispetto verso sé stessi e gli altri.
La mia collezione di moto è la risultante di una vita vissuta a tutto gas, anch’essa parte dei sogni fatti da ragazzo. Per me è una preziosa raccolta che non si basa sul valore estrinseco, ma soprattutto sul valore emozionale.
Ho cercato di ricostruire la testimonianza di quando mio padre bersagliere, istruttore, motociclista e meccanico, alla fine della seconda guerra mondiale cominciò a correre in moto.
Fin da bambino ho respirato quest’aria e, anche se mio padre mi consentiva di guidare la moto solo come premio, come tutti i genitori, riteneva che per me fosse troppo pericoloso andare in moto. Per questo, nonostante lui stesso fosse stato un pilota, non firmò mai la mia licenza.
Questo, però, non mi ha impedito di realizzare il sogno di correre. Non è stato facile. Ho iniziato un po’ tardi, a 22 anni, appena sono diventato maggiorenne”.


Carlo Massari, disegnatore di grande talento e uomo di cultura a tutto tondo, ha voluto regalarmi un’immagine della mia vita: idealmente io e mio padre Walter che gareggiamo insieme, sullo sfondo la fabbrica della Radiant e della Benellli, che rappresentano Pesaro. Un sogno non realizzabile in questa vita, ma che anticipa quanto sarà possibile realizzare nell’altra”*.

*Tratto dal libro “Un sogno, la vita” di Luciano Battisti